Di campagne elettorali ne ho viste tante, molte le ho vissute in prima persona e molte altre da spettatore esterno più o meno interessato. Una delle cose che mi ha sempre dato ai nervi è la sacralità che viene conferita al programma elettorale, quasi fosse una sacra scrittura.
Si, mi riferisco proprio a quel famoso insieme di fogli di carta al cui interno un cittadino dovrebbe trovare le proposte per risolvere i problemi che lo affliggono.
In particolare, non ho mai sopportato il dover fare due cose:
- Scrivere un programma elettorale che in pochi avrebbe letto e ricordato, tranne gli avversari, da rinfacciare a futura memoria, e pochi altri addetti ai lavori;
- Dover perdere un sacco di tempo per scrivere un papiro, quando invece sarebbero bastate poche pagine fatte bene.
Per i “guru”, però, il programma elettorale è sempre stato importantissimo, anzi, fondamentale per vincere.
“La gente ti vota per questo”, si sente spesso ripetere.
E poi ancora: “Devi metterci dentro tutto, non deve mancare niente, deve andar bene per tutti”.
In tempi non sospetti avevo capito che un programma elettorale scritto in quel modo, secondo gli schemi tradizionali della politica, non avrebbe più funzionato in un mondo profondamente cambiato e in cui le persone sono bombardate tutti i giorni da un quantitativo enorme di informazioni di tutti i tipi.