Il titolo del mio nuovo libro “VINCERE le elezioni PRIMA delle elezioni” racchiude in sé due parole che sono anche un obiettivo.
Ovvero, vincere prima.
Prima che la competizione elettorale entri nel vivo, quando tutti sono in campo e la propaganda è troppo inflazionata per riuscire a emergere con più efficacia.
In questo libro, a cui ho dato un taglio unico nel suo genere (com’è nel mio stile), troverai concetti già visti (se mi segui da tempo, altrimenti saranno nuovi) e concetti inediti (di cui parlo per la prima volta).
Quando lo leggeranno, molti cosiddetti “esperti del settore” faranno un balzo dalla sedia, diventeranno viola in faccia e inizieranno ad agitarsi e proferire gli insulti più disparati contro di me.
Si tratta di una domanda che faccio sempre a chi viene da me per fargli capire che non è detto si possa fare ciò che si vuole.
“C’è spazio per te, in questo momento, con questo contesto politico, nella tua area geografica, per quello che vuoi fare?”
Rifatti questa domanda più e più volte e cerca di darti una risposta onesta perché il tuo obiettivo deve essere il più possibile allineato con le tue reali possibilità di farcela. Può essere che ci sia spazio o che non ci sia. Le vie di mezzo non sono di questa era e “tirare a campare” andava bene ai tempi di Andreotti.
Dopo esserti dato in maniera autonoma questa risposta, ecco che arriva il mio turno: a questo punto, il mio compito è quello di essere il più sincero possibile e di valutare la situazione in maniera imparziale e distaccata.
Questo perché non mi posso limitare a prendere per buono tutto quello che mi viene detto da una persona che, com’è normale che sia, è più propensa a fare delle valutazioni dal suo punto di vista e solo da suo.
“Change” era lo slogan del primo Obama. “Cambia” tradotto letteralmente in italiano, anche se è riduttivo limitarsi a questo. Quella parola ha assunto un’importanza enorme, non solo a livello politico per gli Stati Uniti, che hanno eletto il primo presidente nero della loro storia, ma anche a livello di marketing politico elettorale.
La campagna elettorale di Obama ha frantumato (quasi) tutte le credenze e le strategie politiche che fino a quel momento l’avevano fatta da padrone, e che avevano permesso a migliaia di politici in tutto il mondo di vivere sugli allori per molti anni.
Di cosa sto parlando?
Di tutte quelle tradizionali attività di propaganda usate per acquisire consenso e voti : cartelloni pubblicitari, manifesti sulle bande elettorali, manifesti sugli spazi a pagamento, volantinaggi porta a porta, volantinaggi in luoghi pubblici ed affollati, spot tv e radio, brochure informative e lettere di presentazione, incontri pubblici con i cittadini, endorsement di personalità influenti, siti internet statici. E via dicendo…
Obama, grazie al suo staff ed a professionisti e strateghi giovani ed innovativi, ha ribaltato la situazione e si è imposto soprattutto grazie alla rete, ad internet, e ad un efficace marketing politico.
La diffusione esponenziale della banda larga, la possibilità di accedere ad internet in mobilità (con smartphone e tablet), l’avvento dei social media (Facebook e Twitter in particolare) e l’utilizzo dei Biga Data (non disponibili a quel livello in Italia) hanno permesso di profilare l’elettorato, di capirne le problematiche e le esigenze e di fare centro a colpo (quasi) sicuro.
So cosa stai pensando, ti fermo subito! Non sto dicendo che le attività tradizionali non vadano più bene, anzi, ma che alcune sono ormai obsolete e non funzionano più, mentre altre vanno mantenute, ripensate ed integrate con le nuove tecnologie al servizio del marketing politico.
Il marketing politico elettorale è profondamente cambiato (in Italia ha avuto un piccolo spunto in avanti con l’arrivo di Renzi) ed i politici non se ne sono ancora accorti. Oppure lo hanno capito ma sono restii al cambiamento, non vogliono e non possono credere che tutto ciò che hanno fatto fino ad oggi sia ormai preistoria.
La classe politica è vecchia. E per vecchia non intendo assolutamente in base all’età anagrafica dei politici (che comunque conta un po’) ma alla mentalità ed alla capacità di formarsi ed aprirsi a nuovi scenari.