Può una zanzara creare un caso politico-sanitario in un paese occidentale?
Si che è possibile e ora ti spiego cosa sta succedendo, ma prima lasciami fare una piccola premessa storica per farti capire il contesto in cui ci troviamo.
Il Veneto, nell’immediato dopoguerra, era una delle regioni più povere d’Italia. Dove oggi ci sono zone industriali e artigianali, o aree residenziali, una volta c’erano aree paludose. Era frequente trovare cartelli con scritto “zona depressa”. Me lo ricordava sempre un anziano signore che aveva casa vicino ai miei nonni e che ogni estate tornava per un mese a far le ferie, dopo tanto lavoro in quel di Torino, dov’era emigrato per lavorare alla Fiat.
Oggi è ancora così? No di certo.
Le cose sono decisamente migliorate a livello economico, nonostante la crisi del 2008, inutile nasconderlo, ma una cosa non è mai cambiata: il clima estremamente umido tipico delle zone ex-paludose.
Sia d’estate che d’inverno. Anzi, forse la situazione è peggiorata a causa dell’inquinamento e della cappa che hanno sopra la testa tutti gli abitanti della pianura padana.
D’estate, appena muovi un dito, è come fare una doccia senza fare la doccia. D’inverno, il freddo penetra nelle ossa ed è veramente fastidioso. Non è un incentivo a non venire qui, ci mancherebbe, ogni zona ha le sue cose positive e negative. Qui il clima non è dei migliori, ecco. Ne ho avuto la certezza quando, qualche anno fa, sono stato ospite presso il consolato di un altro paese dell’area europea in centro a Mosca. Era pieno inverno, c’erano trenta gradi sotto zero, ma ero vestito come qui a zero gradi. Inutile dirti che in Russia non sentivo affatto freddo e qui, invece, pregavo ogni giorno che arrivasse la primavera.
L’umidità è una brutta bestia, soprattutto per la salute.
Ti sarai chiesto: “ma cosa c’entra tutto questo con la politica?”
Arrivo subito al dunque: il clima umido, soprattutto d’estate con il caldo, e soprattutto nelle zone al confine tra Veneto ed Emilia-Romagna, favorisce il proliferare di zanzare. Non parlo di zanzare tigri, ma di normali zanzare. Queste zanzare pungono gli uccelli migratori che arrivano dall’Africa e si infettano del cosiddetto virus “West Nile”. Poi le zanzare pungono gli uomini (non si trasmette da persona a persona) e possono nascere delle complicazioni. Soprattutto tra le persone anziane e che presentano già problemi di salute. Portando anche alla morte. Cinque persone sono già decedute in Veneto. Gli individui sani, al massimo, possono avere un paio di giorni di febbre e vomito.
Non si può risolvere questo problema, se non con disinfestazioni e buone pratiche igienico-sanitarie.
Nella mia zona, però, si è scatenata una psicosi che sta colpendo gli enti locali e danneggiando i “politici tartaruga”.
Cos’è successo?
Semplice: alcune amministrazioni hanno comunicato preventivamente e costantemente, passo dopo passo, tutto ciò che succedeva e dato indicazioni alla cittadinanza. Altre, pur avendo agito correttamente secondo protocollo sanitario con mesi di anticipo, hanno tardato a mettere la cittadinanza al corrente della situazione.
Inutile dire che sui social e suoi blog è iniziato un confronto con le amministrazioni limitrofe che si erano attivate, a differenza della propria che rimaneva in silenzio. Il bello è che tutte le amministrazioni avevano attivato a inizio estate il protocollo per il West Nile.
Due lezioni da imparare:
1. Non conta quello che fai, se la gente non ne è al corrente;
2. La velocità è tutto (il veloce batte il lento e anche la ricerca della perfezione).
Chiaro, se si può agire indisturbati, grazie alla mancanza di una opposizione, i danni sono molto limitati, ma non può andare sempre bene.
Se stai cercando un “repellente” per stare al riparo dalle conseguenze di una cattiva gestione delle emergenze, allora questo ha un solo nome: velocità di esecuzione.