Allarme rosso compagni! Non è stata usata questa frase, ma poco ci manca.
L’allarme l’ha lanciato il quotidiano “La Repubblica”, con un articolo firmato Goffredo De Marchis. A seguire un video messaggio del direttore Ezio Mauro su “Repubblica TV”, con un appello sull’utilità dei partiti, perchè “i partiti servono ancora”. E le dichiarazioni dell’ex segretario del PD Bersani sul fatto che il Partito Democratico “non è più un partito”.
Cos’è successo per scatenare tutto questo caos? Riporto il titolo dell’articolo principale per far capire meglio di cosa parliamo.
Pd senza base, solo 100mila tessere. In un anno persi 400mila iscritti.
E poi continua…
I dati shock di settembre. In Sicilia, Basilicata, Molise, Sardegna e Puglia il reclutamento non è praticamente partito. Mentre aumentano gli elettori, nei 7.200 circoli la militanza langue. È la mutazione genetica del partito, sempre più simile al modello Usa. Anche le casse sono in sofferenza.
Praticamente il PD sta morendo. Questo è l’allarme lanciato da più parti della politica e del giornalismo (che un po’ militante e partigiano lo è).
In realtà il PD non sta morendo, sta cambiando pelle. O meglio, sta cambiando impostazione e tipo di organizzazione politica, spostandosi da quella di un partito strutturato (tipo PCI, di cui è l’erede) a quella di un partito liquido (sullo stile dei democratici americani).
Cos’è un Partito Liquido? Ecco la definizione.
E’ un partito politico caratterizzato da una linea programmatica e da una struttura non precisamente definite, che permettono di adeguarsi alle istanze di volta in volta avanzate dalla società civile.
Un po’ accademica come definizione, provo a darne io una più semplificata. Il Partito Liquido è quello che da più importanza ad elettori, comitati, gruppi di interesse (lobby) rispetto agli iscritti, quelli che tradizionalmente vengono chiamati “militanti” o “attivisti”.
A differenza del “Partito Strutturato” è attivo quasi esclusivamente nel periodo (pre) elettorale.
E’ anche chiamato “partito leggero”.
Cos’è un Partito Strutturato?
E’ un partito organizzativo di massa nato dell’800. Ha un diffuso radicamento sociale ed una complessa struttura organizzativa di tipo piramidale a livello nazionale e locale. I rapporti interni ad una organizzazione così capillare sono regolati da norme statutarie definite che comportano anche una ferma disciplina dei militanti e del gruppo parlamentare alle direttive dei vertici del partito.
I “partiti di integrazione di massa” sono attivi nella società civile continuamente. Sostengono, organizzano ed educano le masse sono questi gli obiettivi primari di questo modello di partito la cui forza è proporzionale alla capacità di reclutare militanti e iscritti, a loro volta portatori di consensi elettorali.
Il “partito strutturato’ è una società nella società, nel senso che è stato il primo legame sociale degli esclusi. Le masse subalterne, avulse dal sistema politico, “integrate” nel partito, si riconoscono in un patrimonio di valori culturali e politici comuni che, come tessere di un mosaico, vanno a comporre l’immagine di quella realtà ideale da conquistare, la meta finale di tutte la aspirazioni, i desideri, i bisogni di cui il partito si fa carico.
È proprio la fede nell’ideologia lo strumento primario di coesione, il comune denominatore che lega milioni di cittadini al partito con un vincolo di vera e propria appartenenza.
Un papiro infinito vero? Per semplificare posso dire che questo tipo di partito è come una seconda una famiglia : ci si ritrova nelle sedi, nei circoli, si organizzano feste, raccolte firme e fondi e molto altro. Quando non sei a casa sei con i compagni/colleghi di partito per attività extralavorative o per fare politica, condividi con loro il tuo tempo libero.
Si fa politica 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno, a casa, sul lavoro, in vacanza. Sempre. A differenza del “partito liquido” ci sono legami affettivi e d’amicizia e non ci si organizza solo in prossimità delle elezioni.
E’ chiamato anche “partito pesante”.
La Fondazione Italiani-Europei di D’Alema, nel suo sito, ha due articoli molto interessanti (ma un po’ complicati per chi è a digiuno di storia politica e dei partiti). Ecco il primo, ed il secondo, che parla del PD.
L’evoluzione dell’organizzazione dei partiti in Italia
In Italia, a partire dal dopoguerra, abbiamo sempre avuto a che fare con partiti strutturati, quindi con tipiche organizzazioni gerarchiche. C’erano il Partito Comunista Italiano (PCI), la Democrazia Cristiana (DC), il Partito Socialista Italiano (PSI), il Movimento Sociale Italiano (MSI) ed altri partiti minori, come i popolari ed i liberali.
L’esempio perfetto di partito strutturato era proprio il PCI. Successivamente proprio la Lega Nord ha ereditato questo tipo di organizzazione.
Il primo segnale di cambiamento c’è stato dopo tangentopoli, quando i vecchi partiti della “prima repubblica” si sono sciolti ed è entrato in campo Silvio Berlusconi con Forza Italia. Si trattava del primo esperimento di “partito liquido”, ancora in forma ibrida ed embrionale, anche se molti preferiscono usare il termine “partito individuale” per il fatto che alla fine le decisioni spettavano al Cavaliere.
Nonostante Forza Italia avesse poi aperto sedi e circoli in tutta Italia aveva più le sembianze di un comitato elettorale. Il breve tempo che divideva l’annuncio della nascita del partito dal giorno delle elezioni rafforzava questa convinzione. Questo non era un problema per Berlusconi, che disponeva di una forza d’urto impressionante, dovuta alla proprietà di tv, giornali ed alla popolarità raggiunta con le vittorie del Milan di Sacchi e Capello.
Berlusconi non ha mai voluto un partito strutturato con i lacci imposti da statuti e regolamenti vari. Questi rappresentavano più una formalità da un punto di vista legale che un dogma vincolante. Voleva assolutà libertà di cambiare, se i tempi l’avessero richiesto, di fare e di disfare in qualunque momento.
Da quel 1994 abbiamo dovuto attendere circa 20 anni, con l’arrivo di Renzi alla guida del Partito Democratico, per vedere continuato (e magari completato) l’esperimento del primo Berlusconi col partito liquido.
Addirittura Renzi si sta spingendo oltre, americanizzando il PD sullo stile dei democratici americani di Obama oggi e di Clinton prima. L’allarme lanciato da più parti, e riportato all’inizio di questo articolo, lo certifica : il PD sta sostituendo i “militanti” con “elettori”. Ovvero : chi se ne frega se abbiamo pochi iscritti, l’importante è avere tanti che ci votano ed andare a governare.
E’ ovvio che questo modello presenta dei vantaggi e degli svantaggi, così come il partito strutturato. Per l’uno o per l’altro si tratta di una scelta di campo netta, che spesso dipende dal contesto politico e dai cambiamenti della società che ci circonda.
Vantaggi e Svantaggi del Partito Liquido
Vantaggi
- Meno limitazioni
- Velocità decisionale
- Crescita veloce
- Meno costi di gestione nel periodo NON elettorale
- Più coinvolgimento della società civile
- Più facile il ricambio generazionale
Svantaggi
- Partito facilmente scalabile e manipolabile dall’esterno
- Più difficoltà a gestire i momenti di basso consenso e le contestazioni
- La comunione di interessi invece che di ideologie crea rapporti “freddi” e “conflittuali” tra le persone
- Meno reattivo nel breve per grandi eventi, in quanto si mette in moto quasi solamente nel periodo elettorale
Vantaggi e Svantaggi del Partito Strutturato
Vantaggi
- Più impermeabile ad “infiltrazioni” esterne
- Può muovere moltissime persone in poco tempo grazie alla struttura organizzativa e capillare
- Una ideologia comune e la “vita di partito” creano legami profondi tra gli “iscritti”, che li porta a combattere l’uno per l’altro
- Ci sono regole ben precise e si impara la disciplina
- Ognuno ha un ruolo ben definito, con compiti ben precisi
- E’ più longevo
Svantaggi
- Lentezza nelle decisioni, devono passare da troppe teste
- Più difficile emergere per un giovane
- Ha bisogno di molto tempo per ingranare se parti da zero
- Gestione più costosa
Qual è il migliore?
Oggi la tendenza è quella di passare da partiti strutturati a partiti liquidi ma non è possibile dire se è meglio uno o l’altro, dipende da vari fattori.
- Contesto
- Obiettivi
- Fondi a disposizione
- Tempo a disposizione
- Capitale umano
- …
Se dovessi dare una risposta semplicistica e banale potrei dire che per chi inizia con pochi soldi ed ha poco tempo a disposizione, conviene sempre il partito liquido. Al contrario, per chi vuole gettare delle fondamenta solide che durino nel tempo conviene il partito strutturato.
Non prendere alla lettera quanto appena scritto perchè, come già detto, è una semplificazione estrema. Va valutato caso per caso. Inoltre in Italia è più facile imbattersi in una “transizione” del partito da…a…perchè la nascita di nuovi partiti forti non è un qualcosa che capita tutti i giorni.
E tu, quale organizzazione di partito preferisci e per quali motivi? Lascia un commento qui sotto.