Strategie di Riposizionamento Politico : le “etichettature”

etichettaturaIl motivo per cui si mette un’etichetta a qualcosa è per dargli un nome, un’identità. Di solito quando si appiccica un’etichetta a qualcosa (o qualcuno) è per far si che il marchio sia ben riconosciuto e per comunicare implicitamente che il contrario (o l’opposto) non è autentico (o un’imitazione). O diverso…

Questo è un modo per creare il noi contro loro o l’ io contro te pensiero. “Tu sei questo. Io sono quello. Noi siamo diversi. Voi siete da biasimare. Io no. Non mi piaci”.

Assegnare un’etichetta agli avversari è efficace in termini di riposizionamento per metterli in cattiva luce, perchè lavora sull’inconscio. E raramente porta alla comprensione comune, ma piuttosto divide e crea animosità. Detto questo, i politici hanno sempre utilizzato le etichettature per riposizionare i loro avversari in maniera negativa. 

Di seguito sono riportati alcuni esempi recenti che riguardano gli Stati Uniti ma che possono essere ricondotti tranquillamente alla realtà italiana :

  • I Liberal chiamano i Conservatori “reazionari, uomini di Neanderthal, ostruzionisti, neoconservatori e falchi”;
  • I Conservatori chiamano i Liberal “Colombe, cuori sanguinanti, ideologi di sinistra, bevitori di Kool-Aid, socialisti, comunisti”;
  • I Conservatori hanno cercato di far identificare i liberali come persone che non credono nella Costituzione;
  • Molti politici hanno usato il termine “Flopper flip” contro i loro avversari (quelli che cambiano opinione a seconda del contesto, dicendo che entrambe le posizioni possono coesistere);
  • Molti politici chiamano i loro avversari “estremisti”;
  • I Conservatori utilizzano l’etichetta di “Obamacare” per sminuire la legge Affordable Care, quella della riforma sanitaria;
  • I suoi avversari hanno trasformato “Tea Party”, coniato come un’etichetta positiva dai suoi sostenitori, in un’etichetta negativa. “Liberale”, storicamente possiede connotazioni molto positive, è stato anche trasformato in un marchio negativo dai suoi avversari. È per questo che molti liberali ora scelgono di utilizzare il termine “progressista”;
  • È interessante notare che sia i conservatori che i liberal hanno etichettato l’avversario come privo di intelligenza. I conservatori hanno etichettato i liberal come ingenui, mentre i liberal hanno etichettato i conservatori come privi di compassione. In risposta, George W. Bush si è etichettato come un “conservatore compassionevole”;
  • Il termine “giudici attivisti” è stato usato per descrivere i giudici che sembrano reinterpretare le leggi per soddisfare le proprie visioni del mondo. Le persone che sono in disaccordo con le decisioni dei giudici utilizzano sempre più spesso utilizzano questa etichetta (In Italia si usa il termine “giudici militanti”, Berlusconi si riferiva a loro così o con il termine “giudici di sinistra, per screditare le azioni della magistratura);
  • “Politicamente corretto” è un marchio positivo che è stato ridefinito come etichetta negativa dai conservatori.

Alcuni esempi di etichettature nella politica italiana.

  • Toghe Rosse” : è il termine usato da Berlusconi per etichettare politicamente una parte di magistratura a lui avversa;
  • “La sinistra dell’odio e dell’invidia” : la frase usata da Berlusconi per classificare politici e militanti di sinistra come invidiosi per i successi da lui ottenuti, ed accecati dall’odio a tal punto da essere disposti a qualsiasi cosa pur di vederlo soccombere;
  • “Il ricco miliardario” : frase usata da esponenti di centrosinistra per classificare Berlusconi come il ricco che pensa solo ai ricchi e dimentica i poveri;
  • “Xenofobo e Razzista” : termini comuni usati a sinistra contro la destra per classificarli negativamente in funzione della loro opposizione ai vari tipi di diversità, anche quando hanno palesemente ragione;
  • “Estremisti” : termine usato spesso per classificare alcuni gruppi o partiti politici ed allontanarli dall’elettorato moderato;

Come puoi vedere i politici nostrani, consciamente o inconsciamente, fanno ampio uso delle “etichettature”. C’è chi lo fa in modo più efficace e chi meno. Berlusconi, ad esempio, è molto bravo in questo e sembra che Renzi abbia imparato bene.

Allora, cosa pensare di tutte queste etichettature negative? Di sicuro la gente è stanca (o assuefatta) di questo tipo di propaganda al limite della diffamazione. Ancora più importante, l’attribuzione di etichette negative assegna implicitamente la colpa all’altro, permettendo di abdicare alle proprie responsabilità per la ricerca di una soluzione. E’ funzionale per il politico ma non porta a risultati per i cittadini.

Come ho già avuto modo di dire non è bello, ma in certe situazioni funziona. L’importante è non abusarne, altrimenti si genera l’effetto contrario ed è come un boomerang.

È interessante notare che applicare etichette positive a cose negative è un fenomeno usato anche in altri settori. Basti pensare al missile americano MX degli anni ’80, in risposta agli SS-18 sovietici. Questo missile è stato rinominato “The Peacekeeper”, ovvero “colui che mantiene la pace”. Un nome positivo per qualcosa che di base non lo è. Paradossale, vero?

In questo articolo ho usato le etichette politiche negative come esempi,  ma l’etichettatura è generalmente applicabile in altri contesti, come ho appena dimostrato sopra. Non sono un fan accanito delle etichettature, ma devo ammettere che funzionano, almeno come tattica a breve termine. Funzionano ancora meglio se alla base c’è un solido posizionamento politico.

P.S. : al corso Fabbrica Politica insegniamo come fare correttamente il (ri)posizionamento politico, in modo che tu possa sbaragliare la concorrenza e “stendere” i tuoi avversari con un montante diretto senza che si accorgano da dove sia arrivato il colpo.

matteo spigolon

MATTEO SPIGOLON

12 anni di esperienza politica sul campo, oltre a competenze di comunicazione e marketing politico. A differenza delle tradizionali agenzie, i cui consulenti non hanno mai fatto politica attiva e non hanno mai distribuito nemmeno un volantino, conosco esattamente i meccanismi interni della politica, le cose che funzionano e quelle che non funzionano, avendo vissuto in prima persona queste esperienze.

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