Brexit SI, Brexit NO.
Ora, finalmente, abbiamo avuto la risposta : la Gran Bretagna ha scelto di uscire dall’Unione Europea.
O meglio, la maggioranza dei cittadini ha scelto.
Al netto delle posizioni pro o contro, è indiscutibile che la Gran Bretagna si è dimostrata un paese civile consentendo ai suoi cittadini di esprimersi su una questione così importante.
Un’altra lezione importante l’abbiamo avuta dal premier Cameron che, pur sapendo di mettere a rischio la propria carriera politica in caso di insuccesso, ha acconsentito al referendum (magari in cuor suo pensava che non avrebbe avuto problemi) e ora ha annunciato le dimissioni.
Brexit risultati
Ma entriamo nei dettagli numerici della brexit.
Fino all’alba i risultato erano incerti, tanto che i quotidiani non hanno potuto dare una notizia certa nella versione stampata.
Alcuni, sbagliando clamorosamente, si sono spinti a dare per confermata la vittoria del “remain”, ovvero di coloro che volevano continuare a far parte dell’Unione Europea.
Dai dati sulla brexit emerge una Gran Bretagna spaccata a metà.
Nella mappa qui sotto (fonte : Corriete.it) vediamo da una parte l’Inghilterra (tranne la City e poco altro), le isole e il Galles, dall’altra la Scozia e l’Irlanda del Nord.
Le periferie inglesi, gli elettori meno scolarizzati e sopra i 50 anni sono stati decisivi per la vittoria del fronte del “leave”.
Questa è l’analisi banale che si trova nella maggior parte dei siti di informazione.
Ma c’è molto di più.
Continua a leggere e scoprirai di cosa si tratta.
Voto per o voto contro
Per chi segue la newsletter di Fabbrica Politica, ricordo un’email di pochi giorni fa intitolata : “Voto per o voto contro”.
L’ho scritta per rispondere alla domanda di una persona che ci segue con costanza : “E’ più efficace il voto PER o il voto CONTRO?”.
Per riassumere…
Esistono due correnti di pensiero diverse a riguardo.
La prima corrente ritiene che un messaggio positivo vinca sempre su uno negativo, quindi sostiene sia più efficace un voto PER qualcosa o qualcuno. La motivazione in gioco, in questo caso, è quella di ottenere qualcosa che ti manca (e che vorresti) per mezzo del voto a qualcuno.
La seconda corrente, invece, ritiene che il sentimento prevalente che fa muovere gli elettori sia la paura, quindi sostiene sia più efficace un voto CONTRO qualcosa o qualcuno. La motivazione in gioco, in questo caso, è quella di conservare diritti acquisiti o benefici e di impedire che vengano approvate leggi contrarie al proprio credo politico.
Nella sostanza…
Se dovessi rispondere alla domanda con due semplici frasi e banalizzare la questione potrei dire che :
- Chi vuole ottenere qualcosa voterà PER qualcuno.
- Chi vuole mantenere qualcosa voterà CONTRO qualcuno.
Però…
Si, c’è un “però”.
Le ultime elezioni amministrative hanno dimostrano ancora una volta come la seconda corrente di pensiero (il voto CONTRO) sia dominante.
Il voto contro il Pd e il voto contro Renzi, per fare un esempio.
Il Movimento 5 Stelle ha vinto 19 ballottaggi su 20 grazie anche ai voti degli elettori di centrodestra che, uniti ai “grillini”, volevano dare una spallata a Renzi.
Tanto è bastato per dare a un voto locale un significato nazionale.
Nella sostanza, anche quando sembra si voti PER qualcosa o qualcuno, nella realtà si sta votando CONTRO qualcosa o qualcuno.
Il voto contro…
In Gran Bretagna la maggioranza ha votato contro l’Unione Europea e le sue politiche di biancio, migratorie e di imposizione di assurde regole.
Ha votato contro la minaccia di un’ulteriore cessione di sovranità all’UE.
Ha votato contro l’imposizione di assurdi regolamenti dell’UE.
Ha votato contro gli interessi delle grandi corporazioni difese dalla UE.
Ha votato contro l’euro (nonostante abbia la sterlina).
Ha votato contro l’immigrazione selvaggia avallata dalla UE.
Ha votato contro il trasferimento di fondi eccessivo all’UE (soldi che ogni paese membro deve versare).
Il ritorno di Prodi
Una vota vale più di mille parole, si dice.
Ma in questa foto sono le parole che contano.
L’amata-odiata Thatcher e Prodi a confronto.
In questa foto manca una frase dell’ex premier britannico : “L’euro è un pericolo per la democrazia, sarà fatale per i paesi più poveri. Devasterà le loro economie…”
Quelle della Thatcher sono alcune tra le motivazioni più frequenti con cui gli euroscettici giustificano un’eventuale uscita dall’euro e dall’Unione Europea.
Vere o false, non è questo il luogo in cui discuterne.
Ma possiamo dire con certezza che saranno (quasi) tutti cavalli di battaglia dei partiti e politici italiani che vogliono seguire le orme della Gran Bretagna, ovvero far saltare questo tipo di Unione Europea.
Tra questi il più accanito è Matteo Salvini.
Ed è rimasto solo (con la Meloni in appoggio) a combattere questa battaglia.
Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle si sono sfilati (e qui potremmo aprire un capitolo sulla differenza di posizione rispetto alle origini).
Ma non tutto quello che vediamo è come sembra, sotto sotto il risultato della brexit mette in difficoltà Salvini.
Tra poco scoprirari il perché.
Salvini e Prison Break all’italiana

Partiamo dal ragionamento di Salvini : l’UE è una prigione.
In questa prigione ci sono diverse celle e uno dei “carcerati”, la Gran Bretagna, è riuscito ad aprire la porta ed evadere.
Per gli altri carcerati si è accesa una speranza : anche loro possono riuscire a scappare e rinconquistare la libertà.
Ma a questo punto ecco arrivare il primo dubbio : “Se scappo sarò libero, ma poi dovrò fuggire per tutta la vita?”.
Questa domanda è naturale, anche perché i carcerieri non hanno mai concesso la libertà e hanno sempre fatto di tutto per impedire qualsiasi fuga (ad es. maggiori concessioni per farti sentire meno prigioniero).
Nella sostanza, se scappi sai ciò che lasci ma non ciò che trovi là fuori.
A quel punto la tua prigione non è più la tua cella, ma il mondo intero.
L’Italia non è la Gran Bretagna, la quale potrebbe anche reagire benissimo nel medio-lungo periodo.
Questo Salvini lo sa.
Se fino a ieri ha potuto utilizzare l’arma dell’euro e dell’UE per prendere più voti e posizionarsi come il riferimento per quel target elettorale, oggi non ha più scampo.
Ora deve fare sul serio, per davvero.
Nessuno, nemmeno lui, potrà più nascondersi dietro il luogo comune : “Eh, ma tanto non ce lo lasceranno mai fare”.
La Gran Bretagna è un precedente.
Oppure : “Eh ma prima dovrei essere al governo”.
Quanti parlamentari ha l’UKIP di Nigel Farage? E’ al governo?
Fatta la domanda, datti la risposta.
A questo punto dovrebbe affrontare alcuni ostacoli :
- Riuscire a fare in modo che un referendum simile si tenga anche in Italia
- Portare la gente a votare e superare il quorum (ma è l’ultimo dei problemi)
- Convincere gli elettori (che verranno spaventati a morte dagli oppositori) che perdono di più rimanendo nell’UE rispetto a uscirne
Non una passeggiata.
Ecco perchè Salvini si godrebbe più volentieri la sua prigione dorata, invece di evadere.
Non sa quello che lo aspetterà fuori.
Per sapere se il gioco vale la candela deve rischiare.
Se non lo facesse, e tentennasse, non avrebbe più un posizionamento politico coerente.
E sappiamo tutti questo a cosa porta…
Caro Spigolon, è da alcuni anni che Salvini si barcamena in una sorta di terra di nessuno sfruttando solo il malcontento popolare. Non propone alcun progetto politico se non l’evidenziare le gravissime ” distorsioni ” che le direttive Europee producono sulle economie più disastrate. Quel 14% che continua a sbandierare come una rinascita della Lega Nord, non è altro che l’effetto dell’abiura di quello che da sempre è stato il motivo di esistere della Lega: il federalismo.
Negli anni ’90, con la Lega al potere, la classe politica Bossiana ha svolto la funzione di ” Zerbino ” agli interessi di Berlusconi avendo in cambio una sterile visibilità che produsse solo fumo.
Si parlava dell’assurdo “bicameralismo perfetto ” come una cosa oscena da cancellare, e di sostituire il Senato in una camera di raccordo tra le esigenze regionali e l’unica camera con potere legislativo.
Adesso questa riforma non va’ più bene. Poteva essere un grande momento per il cambiamento di rotta. Poteva essere il ritorno del: ” ne a destra ne a sinistra “. che ha contraddistinto la lega dell’inizio, ma rispondere a quella ” real politik “che da molto tempo i leghisti attendono.
Il risultato di tutto ciò si è visto a Varese e a Milano, che mai potrà essere lenito dai successi avuti in città prima amministrate dal P.D. anzi, se ce ne fosse ancora bisogno, è la dimostrazione che si tratta di un successo effimero, puro effetto di una svolta dettata da un compromesso che baratta qualche voto con un’identità ormai perduta.
Si è fatto soffiare dal Movimento 5 Stelle lo scettro del ” purismo ” confinandosi ai margini estremi di una destra europea che, se malauguratamente per loro, verranno a modificarsi in positivo alcuni regolamenti finalizzati al rilancio dell’economia, ed alla gestione dell’immigrazione ( cosa del resto resa obbligata dopo il voto Inglese ), ritornerà a quel 3% che ogni tanto ci ricorda.
Ancora una volta si è fatto battere sul tempo da Beppe Grillo che, facendo banalmente due conti, ha fatto capire che sull’uscita dell’Italia dalla U.E., ci sta’ ripensando.
Giampietro da Legnago